Tante volte mi rammarico di non avere la penna di Tullio Avoledo.
Da quando ho letto “L’elenco telefonico di Atlantide” con le sue descrizioni di assurde procedure bancarie e stupidaggini da corporate, mi spiace non poter usare la realtà di quello che sento in azienda per scrivere un libro. OK lo so che non è una idea originale, ma mi sembra che il titolo del libro di Michela Murgia (“Il mondo deve sapere”) vada bene un po’ anche per me. E’ che sono talmente tante le assurdità che non si saprebbe da che parte cominciare.
L’ultima che ho sentito ieri è che bisogna fare in modo che l’ufficio sia così confortevole da rendere più attraente stare in ufficio che a casa, il tutto nel frattempo riducendo i posti a sedere e togliendo la scrivania fissa, oltre alle altre piacevolezze connesse al traffico per arrivare, ai costi, alle levatacce alle 5.40 e alla mancanza di parcheggio.
Già, perché magari non lavorando in aziende di una certa dimensione, queste cose non le sapete: esiste una modalità di gestione degli spazi dell’ufficio tale che ogni lavoratore deve prenotare in anticipo la scrivania, a seconda di quello che deve fare durante la giornata. Esistono spazi dove parlare, spazi dove stare zitti, e se ti chiama qualcuno e sei in uno spazio da star zitti (spazio focus) devi prendere su baracca e burattini e andare da un’altra parte. Se poi torni e qualcuno si è spostato al posto dove stavi tu prima, eh ben cavoli tuoi, adesso te ne stai nello spazio dove si parla, e se dovevi fare qualcosa che richiedeva concentrazione e silenzio, di nuovo cavoli tuoi.
Il bonus di questa organizzazione è piuttosto difficile da trovare, se non pensando agli uffici che vediamo nei telefilm dove la gente si ritrova intorno ad una lavagna e partorisce la nuova campagna pubblicitaria. Se il tuo lavoro è leggere normative e studiarne le applicazioni ai prodotti della tua azienda, la chiacchiera con i colleghi ti suscita ben poche idee geniali, e sarebbe meglio poter stare tranquilli. Inoltre, quanto tempo perderemo a far su baracca e burattini ogni volta, per non parlare dell’inizio e della fine della giornata quando la scrivania dovrà essere pulita? Per non parlare di chi non lo farà (oh come conosco i miei colleghi, per arieggiare il bagno dopo aver prodotto il numero 2 aprono la porta invece della finestra…).
Alla fine mi sono convinta che questa trovata, che manco a dirlo viene dagli USA, serve solo a far sentire i lavoratori come precari anche dopo cent’anni che lavorano nella stessa azienda; ha per così dire un benefit (per l’azienda, ovvio) relativo alla destabilizzazione del lavoratore, che si sente come uno che è capitato di lì, oggi c’è domani chissà, e non lascerebbe traccia se dovesse sparire. Questa incertezza poi fa sì che il lavoratore cerchi di rendersi indispensabile per non essere eliminato, lavorando il triplo (oppure, come fa a me, si trasforma in un infallibile catalizzatore di scazzo).
Per questo, credo questa modalità sia intrinsecamente non etica e in totale disaccordo con l’affermazione ipocrita che l’azienda tiene al benessere del lavoratore, altra pippa che mi becco un giorno sì e l’altro anche.
Cosa vi devo dire, non cambierà niente e dovrò subire pure questa. Almeno però ve l’ho detto.